domenica 12 ottobre 2008

Appello...


Cari compatrioti, compaesani, ma soprattutto, cari studenti, dottorandi e professori o maestri tutt'altro che unici, la situazione si fa pesante. Per chi avesse perso tutte le puntate precedenti (fatte passare a arte sotto silenzio), ecco qui un generale riassunto alla biutiful: in agosto, un decreto legge, il numero 112, "recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" è stato convertito in legge, la 133, che, appunto, per 'stabilizzare la finanza pubblica e la perequazione tributaria', opererà dei tagli spaventosi, si parla di cifrette intorno ai 732 milioni di euri (hai voglia ccatti moniceddhri!!), i quali dovrebbero essere approvati nella futura prossima imminente mannaggia la miseria finanziaria... chi vi scrive studia in un ateneo che presenta un buco (a me viene da pensare più che altro ad un cratere o semplicemente all'ozono... più buco di quello...) di 50 milioni: in poche parole, schiette e compatte, rischiamo l'anno prossimo nella migliore delle ipotesi di essere commissariati, nella peggiore (che ad ora si prospetta) di non partire con i corsi, e quindi di attaccarci sonoramente al piffero e non avere più la possibilità di studiare; inoltre, con l'approvazione della legge 133, le università che non presentano particolari passività come da noi, per far fronte ai problemi economici derivanti dal maxi taglio (putìa fare la sarta, la maria stella), saranno costrette ad aumentare il costo delle tasse: per uno stipendio medio (20.000 euro l'anno?) sarà sicuramente improbabile pagare una tassa annuale di 6,7 mila euro, anche perchè, oltre all'imposta (e qui si fa riferimento agli studenti fuori sede) il mantenimento di un figlio all'università non è certo semplice come andare alla sagra de lu purpu. Questo,esclusivamente per ciò che riguarda gli studentessi: troviamo poi in lotta per il titolo anche i dottorandi e i ricercatori, praticamente certi di non avere più la possibilità di lavorare (sembra uno scherzo, ma rimpiangere la precarietà diviene un pericolo sempre più concreto) e i maestri elementari, che con l'introduzione del maestro unico avranno ampiamente di che smandrapparsi i cosiddetti.

Alfio Rentino

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